Arte digitale

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Quel che furono la fotografia e l’atelier di Nadar per gli Impressionisti sono oggi la rete e le nuove tecnologie per gli artisti digitali? Pensare a un’arte senza materia e senza quel “lavoro con le mani” che ha sempre contraddistinto l’artista è difficile. Ma anche se non si chiamerà arte, la rivoluzione digitale sta modificando la creazione delle immagini e la loro diffusione.

by Valvetta-McGee Hudson
by Valvetta-McGee Hudson

L’Arte digitale, ovvero la creazione di immagini in cui l’informatica  ha un peso preponderante nella realizzazione, “è una rivoluzione partita negli anni ’60 e che oggi trova piena maturazione. Vengono usati molti nomi in questi ambienti: Bio art, Bots art, Database art, Digital activism, Digital Animation, Digital community, Digital graphycs, Digital performances, Game art, GIF art, Glitch art, Digital Interactive installation, Nano art, Net art, Robotics, Virtual art”, racconta Ennio Bianco, uno dei collezionisti italiano di questo genere. I nomi dell’Arte digitale cambiano in relazione alla proliferazione e manipolazione delle tecnologie da parte degli artisti,  gli unici, secondo la fortunata citazione di McLuhan (“Gli Strumenti del Comunicare”) “in grado di fronteggiare impunemente la tecnologia”.

Adam Elsheimer: “Fuga in Egitto”
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A dettare i continui cambiamenti non sono più tavole e tele o pigmenti e leganti ma l’incessante proliferazione di nuovi hardware e software. Hardware come smart wathc, tablet, ebook,  lap top, computer display, projector FullHD, 4K,intelligent cameras, smart TV 4K, stereoscopic display, hololens & holographic  display, wearable devices, optical head-mounted display o smartglasses, immersive multimedia, virtual realty (CAVE). Oppure software come i programmi di virtual realty (VR), augmented reality,  mixed-hybrid reality, diminished reality, holographic imaging, avatar, face recognition, gesture interfaces and biointerfaces…

I processi di immagine generati con queste attrezzature si presentano su un nuovo modello di mercato non più basato sulla unicità e non riproducibilità dell’opera, bensì su dematerializzazione e rilascio attraverso il Cloud.  Si tratta di un consumo ubiquo, interattivo, spettacolare,  immersivo, personalizzato. Oppure collettivo, condiviso e gratuito come ha dimostrato la GIF-animatic della canadese Lorna Mills esposta per tutto il mese di marzo su 45 mega schermi di Times Square.

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Musei e gallerie si sono accorti di questo fenomeno e stanno promuovendo ricerca ed esposizioni dei nuovi “Impressionisti”, quasi degli immaterialisti o post-artisti. La Science Gallery del Trinity College di Dublino ha emesso un bando dichiarando di essere interessata a progetti che riguardano il vedere digitale, in particolare esperimenti su Machine vision (facial recognition), Perspective (both spatial and contextual), Perception of beauty in una prospettiva neuroestetica. E’ evidente che queste ricerche avvicinano esperienza creative a genesi dell’ideazione tecnologica, come la storia dell’arte ha già sperimentato durante il Rinascimento con gli studi di prospettiva (da Brunelleschi a Piero della Francesca), dei solidi geometrici (Luca Pacioli), della Teoria della visione (leon Battista Alberti) sino allo studio del funzionamento dell’occhio (Leonardo).

Sorgente: Arte digitale | Fatto ad Arte

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