Storia delle perle e del motivo per cui, dopo 2.500 anni, sono diventate economiche

Prima erano a disposizione solo dei ricchi e dei super-ricchi, oggi sono in voga e si trovano in tutte le gioiellerie. La battaglia secolare per trovare il segreto della loro coltivazione

Una volta erano preziosissime. Rare, quasi introvabili, e molto belle. Adesso le perle sono così diffuse da aver perso (quasi) ogni valore. Ma il processo per renderle economiche è stato lunghissimo, quasi quanto la storia dell’umanità, pieno di tentativi e di fallimenti.

Il primo, come documenta questo articolo dello Smithsonian, si può ricondurre alla Cina del sesto secolo a.C. Fu in quell’epoca che vennero sperimentate le prime coltivazioni di perle, con l’aiuto di alcune cozze tipiche dell’area asiatica. La loro particolarità era che, grazie agli stampi usati, somigliavano a dei piccoli Buddha. Il problema era che, a differenza delle perle di oggi, erano piatte e vuote. Non proprio simili.

Progressi vennero fatti nel tempo, ma in un’altra direzione: le perle non venivano coltivate, ma imitate. Nella Francia del XVII secolo venne messo a punto un metodo particolare, che richiedeva un processo quasi alchemico. Il primo passo era quello di “mescolare ammoniaca con le scaglie dell’alborella [un pesce d’acqua dolce europeo]”. Si otteneva una pasta, la cosiddetta “essenza d’oriente”, che imitava la lucentezza delle perle. Questa andava poi applicata con cura su alcune sferette di vetro, poi riempite con della cera. Ed ecco una perfetta finta-perla, che poteva circolare ed essere venduta. Con un difetto notevole, però: a certe temperature sia la pasta che la cera si scioglievano.

Infine, la soluzione. Come all’inizio, ci devono pensare gli orientali: non i cinesi, però, ma i giapponesi. Avviene a cavallo tra il XIX e il XX secolo, ad opera di tre ricercatori che, tutti in modo indipendente da ciascuno, compiono esperimenti su cozze e molluschi. Il biologo Tokichi Nishikawa e il falegname Tatsuhei Mise arrivano alla stessa conclusione: bastava inserire un minuscolo frammento di metallo o di conchiglia in una particolare area dell’ostrica perché si formasse, come reazione, una sacca. Con le secrezioni successive l’ostrica, poi, avrebbe coperto la sacca rendendola solida, lucida e sferica: era la perla.

Il loro metodo venne brevettato e poi comprato da Kokichi Mikimoto, il terzo sperimentatore, che era riuscito, fino a quel momento, solo a ottenere perle ovali. Forse era meno bravo degli altri, ma ebbe modo di far valere altre sue qualità: era un grande venditore e riuscì, con i suoi mezzi e la pubblicità, a far accettare come “perla” anche il suo prodotto coltivato. Conquistando, con le sue perle a basso prezzo, il mondo intero.

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