Funghi, belli (e buoni) da morire

Le stranezze di un mondo naturale “a parte”

Hydnellum peckii.

Non sono piante, perché non fanno la fotosintesi. Eppure spuntano dal terreno, nascono da “semi” (le spore)… ed è ovvio che non siano animali. Sono i funghi. Questo può assomigliare (con un po’ di fantasia!) a una torta di panna ricoperta di ciliegine. Ma è indigesto e molto amaro (soprattutto il liquido rosso). Non vi avvelenerà, molto probabilmente, ma chi si mangia una tal schifezza? È comune anche nei boschi italiani.

Lactarius indigo.

I Per studiarli, si classificano in un regno a parte, il cosiddetto Quinto regno. Questo è diffuso in America e in Estremo Oriente. Rilascia un lattice di colore blu che, a contatto con l’aria, diventa verde. Commestibile.

Laccaria amethystina.

Piccolo, appariscente e pericoloso. E molto comune. Il paradosso è che l’unico modo per sapere se un fungo è commestibile o no è… mangiarlo. Ed è inutile usare qualche animale come cavia. Infatti non si trovano mai lumache morte intorno a una Amanita phalloides (velenosissima per noi), anche se la mangiano regolarmente.

Gyromitra esculenta.

Da crudo è mortale; cotto, velenoso. Anche se sembra un cervello, meglio stargli alla larga. «Non esistono test scientifici sulla commestibilità dei funghi» spiega Giorgio Bardelli, ricercatore del Museo di Storia Naturale di Milano e studioso di funghi. «Possono contenere moltissime sostanze, che si rivelano tossiche per il nostro organismo perché colpiscono organi diversi: intestino, reni, sistema nervoso… A volte la singola sostanza non fa nulla. Ma associata ad altre, presenti nello stesso fungo o in altri esemplari consumati insieme, diventa tossica».

Mutinus caninus.

Odore sgradevole, forma che assomiglia a una sigaretta. Nel 1938 Albert Hofmann sintetizzò l’LSD (acido lisergico) dall’ergot, un fungo parassita della segale. Nel 1954 lo scrittore Aldous Huxley, dopo aver ingerito il peyote (in realtà non un fungo, ma un cactus allucinogeno del Centro America), raccontò l’esperienza visionaria nel libro Le porte della percezione: ad esso si ispirò il gruppo musicale dei Doors (porte) nella scelta del proprio nome.

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