Arnold Böcklin, il grande pittore dell’Isola dei morti che piaceva a de Chirico

Fra il 1907 e il 1909, intorno ai diciott’anni, Giorgio de Chirico studiò pittura a Monaco, mentre il fratello Andrea, nella stessa città, studiava musica. Ricorda il grande pittore italiano:

Quando non ero impegnato a tradurre in italiano, ad Andrea, le osservazioni del professore di musica, non facevo altro che sfogliare un grande album con magnifiche stampe dei dipinti di Böcklin.

In qualche modo questo artista, Arnold Böcklin, contribuì ad accendere l’immaginazione di de Chirico, portandola verso un’Italia ideale. Con le sue piazze metafisiche, le sue figure enigmatiche, personaggi del mito greco. Basta confrontare Odisseo e Calipso(Böcklin) con L’enigma dell’oracolo (de Chirico). O la Lotta di centauri del primo, e quella, stupenda, del secondo.

Böcklin - Autoritratto con la morte che suona il violino, 1872 (part.). Via

Böcklin – Autoritratto con la morte che suona il violino, 1872 (part.). Via

Si verificò insomma uno di quegli incroci di influenze non così rari nell’arte e nella musica. Da una visione personale dell’Italia ha origine l’arte prettamente tedesca di Arnold Böcklin. E da questa, de Chirico avrebbe sviluppato la sua, genuinamente italiana.

Arnold Böcklin e l’Italia

Nato nel 1827 a Basilea, Böcklin fu uno svizzero di cultura tedesca. Si formò, ventenne, a Düsseldorf. Dopo i soggiorni ad Anversa, a Bruxelles, a Parigi nel 1848, e le prime opere di paesaggio ancora di ispirazione romantica, il pittore, grazie anche all’amicizia con lo storico Jacob Burckhardt, puntò verso il sud, verso l’Italia. Verso Roma. Era un lavoratore concentrato e non faceva vita comoda. Quasi un asceta. Si alzava prima dell’alba anche d’inverno, aspettando l’apertura di Porta del Popolo, alle cinque del mattino, per poter percorrere la Flaminia.

Böcklin - Paesaggio dei Colli Albani, 1851. Via

Böcklin – Paesaggio dei Colli Albani, 1851. Via

Il suo secondo soggiorno romano sarà lungo, dal 1852 al 1857. Dipinge all’aperto, scegliendo l’ora meridiana, lungo la Flaminia, l’Appia antica. Per un nordico come Böcklin, che in questi anni sposa una giovane romana, il “bel Sud” italiano è un mondo “non civilizzato”. Che ne richiamava un altro ancora più lontano, quello mitico, archetipico. Secondo lui, l’Italia insegnava a “trovare sé stessi nella natura”. E il ricordo dell’Italia, quando Böcklin sarà tornato a Basilea nel 1857, sarà lo stimolo dei suoi primi quadri “visionari”. Troviamo di tanto in tanto topos medievali interpretati con sensibilità romantica. Compaiono nei dipinti i primi unicorni, i mostri, i pesci-rettili.

Ma soprattutto, troviamo apparizioni mitiche in paesaggi rupestri sorrette da un uso del colore, per quei tempi, selvaggio. L’ossessione tecnica del pittore infatti non era il disegno (“non so neanche fare precisi contorni”, ammetteva) ma il bagliore vivo dei colori.

Che cos’è il più luminoso arancio? Improvvisamente diventa oscuro e sporco se su di esso cade una scintilla di sole al tramonto

Böcklin - Caccia di Diana, 1896. Via

Böcklin – La caccia di Diana, 1896. Via

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